Praticare la pesca alla carpa nel periodo invernale non è di certo cosa semplice. La sempre minore attività del pesce, direttamente proporzionale alle basse temperature, rende la cattura ancora più difficile, in stretta relazione anche a dove il carpfishing viene praticato.
Possiamo dividere per categorie quelli che sono i fattori determinanti nella scelta sia dell’azione di pesca che del luogo:
- acqua da affrontare;
- spot all’interno di essa;
- pasturazione;
- tipo di esca e presentazione.
sono senza dubbio da evitare i bacini con scarsa profondità e poco esposti alla luce solare, laghi montani artificiali o naturali e piccole cave sottoposte al rapido calo delle temperature.
Andremo quindi a preferire grandi laghi a bassa quota, con generose profondità (10-15 metri) e zone di acqua bassa, magari protette dal vento ed esposte al sole nelle ore centrali della giornata.
Da non dimenticare sono i fiumi, nostri grandi alleati anche nei periodi più rigidi, ma non sempre pescabili in quanto soggetti all’aumento repentino di portata causato da eventuali grandi piogge o al fenomeno dell’ “acqua di neve”. Questo fenomeno si verifica quando, per via di un momentaneo aumento delle temperature, le nevi presenti sui rilievi che costeggiano il corso d’acqua si sciolgono e, confluendo nel fiume stesso, rendono la sua acqua gelida e il pesce ferma la sua attività.
Dopo aver scelto il luogo giusto bisogna individuare lo spot ottimale,
decisione ancor più fondamentale della precedente
Nei grandi laghi, se si ha la possibilità di utilizzare un ecoscandaglio andremo ad ispezionare, anche in maniera maniacale, la conformazione del fondale riuscendo così ad individuare quelli che sono gli anfratti secondo noi più produttivi, come ad esempio scalini, secche, ostacoli naturali e non. Durante la ricerca dello spot teniamo un occhio vigile su ciò che ci circonda, potremo così individuare il pesce nelle sue zone di stazionamento, che in questo periodo sono generalmente anche quelle di alimentazione. Andremo così ad insidiare le nostre avversarie “in casa”, senza sprecare tempo e risorse nella pasturazione di ipotetici luoghi di passaggio.
Determinante è anche il fattore meteorologico. Nelle giornate assolate, preferiremo calare nelle zone a bassa profondità dove il pesce si reca per cogliere anche il minimo aumento di temperatura, cercando poi acque più profonde nelle ore notturne. Se la zona di acqua bassa è esposta al vento è comunque da evitare.
La pioggia può radicalmente cambiare le sorti della nostra pescata in quanto porta generalmente un aumento di temperatura e rende ogni cosa relativamente più semplice.
I fiumi, aumentando in inverno la portata delle loro acque, rendono più complicato l’approccio di pesca, obbligandoci a cercare zone di sbarramento o anse ad acque ferme, riparate dalla corrente e sicura fonte di cibo.
Per quello che riguarda la pasturazione è assodato che le grandi quantità di esche portano all’insuccesso per via del lento metabolismo della carpa, spinta quindi a ricercare un maggiore apporto nutritivo in una minore quantità di cibo.
Nel caso di una breve sessione di pesca sarà importante concentrare la pasturazione nelle immediate vicinanze dell’innesco componendola di pochissime palline, magari spezzate, create con mix molto nutrienti a base di pesce, rendendola più attraente con farine amalgamate con dip dall’aroma marcato e pellet di vario tipo. Andremo così a creare una zona adatta a suscitare la frenesia alimentare ma sempre non sufficiente a saziare le carpe, portandole così direttamente al nostro innesco.
Quando invece abbiamo la possibilità di passare più tempo in pesca, possiamo anche allargare leggermente la zona di pasturazione mantenendone limitata la quantità. Sempre di rilievo sarà la qualità dell’esca poiché le carpe, trovando giovamento nell’alimentarsene, ne torneranno alla ricerca.
Tornando a sottolineare l’apatia del pesce in inverno, andiamo ad evidenziare anche quanto sia svogliato nell’approccio all’alimentazione, cosa che porta a scegliere ovviamente esche di limitate dimensioni; presentazioni pop-up ben bilanciate sia con pellet da innesco, che a causa delle basse temperature ci permette di rimanere in pesca per un periodo più prolungato, che con esche finte di svariato tipo.
La dinamicità in acqua di ogni innesco galleggiante o comunque criticamente bilanciato, aiuta senza dubbio l’azione del terminale che, in caso di mangiata poco sicura, può determinare il successo nell’abboccata!
Useremo quindi trecciati morbidi o, in caso di acque particolarmente limpide, il fluorocarbon facendo particolare attenzione alla mobilità dell’innesco stesso.
Personalmente preferisco usare boiles ben ammollate, così da creare un’importante impronta attrattiva e inserire una piccola retina in pva riempita di farine di svariato tipo, pellettini e palline tritate, servendo così quella che noi definiamo una vera “chicca” esclamando: “Tu non la mangeresti?” .
C’è un’altra esca molto particolare e che molti non prendono nemmeno in considerazione ed è il semplice bigattino: proteine allo stato puro che apportano un sostanziale beneficio nutrizionale alle nostre amiche baffute e poi parliamoci chiaro, ne vanno veramente ghiotte!
Concludo questo articolo ricordandovi che ogni appunto elencato è frutto della mia semplice esperienza sul campo, non sono ovviamente solide certezze, ma credo che se vi fiderete dei consigli che vi ho dato ben mescolati ad un buon senso dell’acqua ( leggetevi l’articolo del mio compagno Matteo al riguardo) insito in quasi tutti noi pescatori, una buona dose di fortuna e tanta tanta passione potrete togliervi molte soddisfazioni.
Saluti a tutti e….. in bocca alla big!
Claudio Baroni
Bell' articolo socio!!!
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