Testo e foto di Matteo Diodati
L’estate è divenuta ormai
estremamente calda. Quest’anno sono state registrate temperature record ovunque
e andare a pescare è diventata una prova di sopravvivenza. Tuttavia, un malato
di pesca come me non è riuscito a mollare: ho sistemato una vecchia postazione
a due minuti da casa, sul mio fiume, totalmente all’ombra della folta
vegetazione, ed ho optato per brevi sessioni.
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Qui una basta e avanza |
La temperatura registrata è stata di oltre
trenta gradi anche nelle tarde ore del pomeriggio, dentro a quella specie di
bunker vegetale, pazzesco! Tuttavia, nel momento del crollo termico, il pesce
si è mosso e concesso.
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Al totale riparo dal sole |
Mi sono avvalso di una
pasturazione preventiva il giorno prima delle uscite, durate in media appena
tre ore, con ottime ready made, ma soprattutto ho portato con me una bella
scorta di acqua e frutta fresca per sopravvivere a quella calura.
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Un tetto naturale |
Non ho avuto grandi pretese in
quanto al peso delle catture, sapendo che qui un pesce di dieci chili è già un
record; ho voluto ricercare pesci dalla livrea interessante e proprio
nell’ultima di queste brevi uscite è arrivata una bella scaled, una vecchia
conoscenza che negli anni si è spostata scendendo l’alveo del fiume da zone più
torrentizie fino a questa lunga piana dove pare essersi stanziata e dove magari
riuscirà anche a crescere raggiungendo un peso più elevato.
Combattimenti estremi anche a
causa di alcuni ostacoli in acqua; l’approccio di pesca è stato un “marginal”
proprio per il rischio di incagliare pesci negli alberi sommersi. Che dire, mi
sono divertito, in un luogo dove la pace ed il relax la fanno da padroni e dove
nessun’altro ha mai messo piede data la difficoltà nel raggiungerlo e trovarlo.
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Un piccolo treno fluviale |
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Una divoratrice di vongole |
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Snelle in corrente |
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Una vecchia conoscenza |
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