Testo e foto di Matteo Diodati
Quante saranno le carpe mai catturate o rimaste inviolate per molti anni nelle acque italiane?
Una domanda a cui è difficilissimo rispondere dato che ormai, la pesca alla carpa ha preso piede da oltre 30 anni nella nostra penisola, e se all'inizio i pescatori di questa disciplina erano pochissimi, adesso sono decine e decine di migliaia.
Tuttavia, personalmente rimango ancora inebriato dall'idea che esistano pesci e luoghi ancora "vergini" e spero in futuro di riuscire a portare a guadino esemplari mai visti nelle mani di nessuno.
Da un paio di anni ho preso di mira una cava di medio-piccole dimensioni che vent'anni fa ospitava qualche pesce interessante di cui non si ha più notizia. Il posto in questione non è facilmente raggiungibile data la posizione impervia ed il fitto bosco circostante, per non parlare dei gelosi contadini pronti a cacciarmi in malo modo nel caso in cui mi trovassero ad attraversare i loro terreni.
Dopo varie uscite a vuoto ho dovuto mollare per il sopraggiungere dell'inverno che avrebbe bloccato la cava, ma sono rimasto fiducioso soprattutto dopo aver sentito il fragoroso salto provocato da un pesce sicuramente di notevoli dimensioni, conferma della presenza di qualcosa ancora all'interno di quello specchio d'acqua.
Sono passati due anni e quel posto che non ho mai dimenticato ma anzi, è sempre rimasto nella mia mente, mi ha attratto a se. Ho fatto un veloce sopralluogo attraversando il bosco come uno spettro alle ultime luci del giorno, alla ricerca di un punto dove posizionare la mie trappole, con non poca difficoltà data la rigogliosa vegetazione. Ho iniziato a lanciare alcune esche facilmente riconoscibili come alimento anche per pesci che forse non vedono roba del genere da tantissimo tempo. Il mio obiettivo è quello di organizzare pescate veloci di tre ore una o due volte a settimana e poi riuscire ad effettuare anche una o due notturne prima che le temperature fermino il pesce.
Arriva il giorno della prima uscita e parto chiaramente con zero pretese, data la poca pasturazione preventiva e il poco tempo a disposizione. Pescherò molto semplice: granaglie per innesco e una Pva Bag ripiena di pastoncino fruttato.
Dopo un ora dal lancio, incredulo, sento l'avvisatore suonare e ferro. Inizia un combattimento che tutt'ora non riesco a quantificare in termini di tempo perché sembra lunghissimo; scoprirò poi, basandomi su di un messaggio inviato poco prima, che è durato quasi venti minuti. Il pesce è forte e prende filo quanto vuole; si blocca un paio di volte in un ostacolo ma riesco a farlo uscire in entrambe.
Arrivato vicino al guadino fa esplodere più volte l'acqua con tutta la sua maestosa potenza; non lo vedo, ho il riflesso delle ultime luci del giorno che mi impedisce di vedere di cosa si tratta, poi finalmente scorgo una "scaled", caratterizzata da una scaglia grande quasi come il palmo di una mano su di un fianco. Mi tremano le gambe dall'emozione, quell'amozione unica che ancora in pochi posti si può provare.
Finalmente, dopo non poche difficoltà, il pesce è stremato ed entra a guadino. Mando un audio ad un amico che mi sta cercando attraverso il bosco ma ancora non mi ha trovato, finalmente arriva e mi da una mano per le foto di rito (grazie Massi).
Che pesce! Un esclamazione che rimane nella mia mente per diversi giorni successivi a questa breve uscita.
Ma il gioco è appena iniziato e una rumorosa scodata mi dice che la bella specchi non è sola e non è probabilmente neppure la più grossa.
Fine della prima parte.