giovedì 2 giugno 2022

Un paradiso sconosciuto

 Testo e foto di Matteo Diodati


La mia voglia di esplorare posti nuovi e sconosciuti, stavolta mi porta in un piccolo paradiso. Situato in mezzo ad un bosco di querce, un piccolo lago riesce subito ad incantarmi con la sua bellezza, calma e tranquillità. Difficile descriverlo a parole.


Raggiungerlo richiede una camminata non proprio alla portata di tutti e ciò mi piace, fa già una bella selezione. C’è da scegliere bene le cose da portare ma per me è ormai un’abitudine: due canne, zaino, materassino e una sedia.


Nel bel mezzo di questi boschi l’aria è ferma e profumata e si iniziano a captare i primaverili odori di fiori e piante. Sulla terra morbida si possono osservare le tracce lasciate dagli animali selvatici, le orme dei cercatori di funghi che iniziano a perlustrare le zone, e anche i segni lasciati dai pneumatici delle mountain bike.

Sotto le maestose querce e pini, dentro il bosco che circonda la piccola diga, si possono scorgere vecchi tavoli e sedie in pietra, ormai ricoperti da muschio e foglie secche che danno quel senso di antico, secolare, come quando visitiamo quelle storiche ville rinascimentali. Mi piace fantasticare su chi si possa essersi seduto lì tanti anni fa.


Non so molto sulla pesca, ho giusto qualche informazione di un amico e delle foto viste sui social. Non mi piace sapere troppo di un posto, rovina un po' quell’emozione evocata dai luoghi mai conosciuti prima. Mi affido al senso dell’acqua, alla ricerca di segnali in superficie e all’utilizzo di un ecoscandaglio da lancio.


Il lago è di piccole dimensioni e rapidamente mi faccio un’idea su quali possano essere le rotte dei pesci. Posiziono due lenze e circoscrivo poca pastura attorno all’innesco con del PVA. Il tempo è poco, sempre meno, la necessità è di ottimizzare al massimo l’entrata in pesca.


Due ore passano tranquille e nel silenzio più assoluto, il lago sembra morto, nessun segno di vita. È quello che scrivo per messaggio ad un amico pescatore con cui mi confronto spesso, ma che non sono mai riuscito ad accompagnare in pesca. Tuttavia, riesce spesso a portarmi fortuna.


Passano appena cinque minuti dall’invio di quel messaggio quando finalmente, un salto sulla riva opposta, mi avverte che qualcosa sta cambiando.

Passa ancora qualche minuto e poi uno dei segnalatori inizia a suonare all’impazzata nonostante le frizioni chiuse. In un secondo balzo sulla canna e ferro. Il pesce è forte e resistente ed inizia ad andare un po' dove vuole ma fortunatamente non ci sono ostacoli vicini.



Dopo oltre dieci minuti di battaglia, una bella carpa cuoio si arrende al guadino. Esulto, per me è sempre un grande successo catturare con così poco tempo a disposizione. Gli do una veloce pesata, faccio qualche autoscatto e via libera.



Guardo l’orologio, è tardi, devo correre a lavoro quindi inizio a smontare subito la mia poca attrezzatura. Ma a quanto pare il lago vuole farmi un altro regalo. L’altra canna rimasta in pesca segnala una veloce abboccata in calata. Immagino subito di cosa può trattarsi. Infatti, ferro ed il pesce che mi è corso velocemente in contro è proprio un’erbivora, non grossa ma sempre gradita dato che non né catturo da un pezzo.



Che dire, un mix di fortuna, informazioni parziali, intuito. Anche stavolta ho evitato il cappotto. Non smetterò mai di dire una cosa: meno tempo abbiamo e più impariamo!


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