giovedì 24 settembre 2015

Remi in barca: Scelta vincente! (Prima parte)


testo di:  Raffaele Malfatti
foto di:  Matteo Diodati

Ogni spot ha storia a sé, su questo, chiunque abbia un minimo di esperienza non ha alcun dubbio!

 Spesso però siamo portati ad interpretare la nostra tecnica in modo troppo "ortodosso" seguendo  la scena carpistica così come ci viene  proposta attraverso i vari canali comunicativi ( internet e mensili) . Il titolo dell'articolo si riferisce proprio al fatto che, in determinate condizioni, che proverò ad analizzare più accuratamente in seguito, le nostre fatiche alla ricerca delle carpe non solo possono essere esagerate, ma addirittura risultare controproducenti! In particolare, molti carpisti tendono ad usare il natante in modo pressoché automatico, senza prima valutare la sua reale necessità. 
È ovvio, non mi riferisco alla pesca in grandi laghi, ma alla pesca in cava. 
Durante le ultime esperienze fatte, ho avuto l'occasione di constatare quanto la scelta dell'utilizzo o meno della barca possa non solo essere un fattore determinante nell'esito di una sessione, questo è ovvio, ma essere anche un ostacolo nell' interpretazione del comportamento delle nostre avversarie. 

non sempre occorre la tenda

Spot 1 : Come già affermato prima, vi sono situazioni in cui  è quasi impossible prescindere dall'utilizzo della barca, come appunto nei grandi laghi. Vi sono però spot che necessitano una differente valutazione. È il caso delle cave di piccola/media dimensione. Recentemente insieme a Matteo, ho affrontato una cava di dimensioni considerevoli, a me del tutto nuova, con profondità molto elevate già a pochi metri dalla sponda.
La prima sera, quella in cui decidemmo di pescare in quelle acque, arrivammo alla cava molto tardi perché avevamo inizialmente deciso di affrontare un'altra piccola cava che tenevamo d'occhio da un po' ma sfortunatamente ( o no?!) quella sera qualcuno ci aveva preceduto e dovemmo ripiegare sulla seconda opzione. Eravamo senza barca perché per la prima opzione non sarebbe stata necessaria, eravamo stati poco previdenti. Per questa cava, secondo le poche informazioni che avevamo, era indispensabile il natante, ma ormai era tardi e alle volte ci si deve accontentare, però non ci perdemmo d'animo  . Prima di decidere gli spot dove andare ad insidiare le carpe, dedicammo un bel po' di tempo all'ascolto, ogni rumore è un indizio prezioso, un pescatore lo sa! 
La cava pareva molto attiva e si susseguivano salti pressoché in ogni zona ad intervalli di pochi minuti, a volte anche meno, anche nei punti centrali, a circa 30/40 metri dalla nostra postazione, risultati  in seguito, dopo un accurato plumbing, essere quelli più profondi della cava. Ma questa ampia zona di cava appariva monotona, e senza alcun tipo di scalino, algaio o legnaia. Un fondale piatto e vastissimo senza punti di riferimento e senza variazioni seppur lievi di profondità ma pur sempre senza ostacoli.
Era fine Maggio, la temperatura esterna e quella dell'acqua erano già piuttosto elevate. 
Non avevamo esperienze sul posto, nè feedback da altri carpisti se non le poche foto viste su internet, tutti rigorosamente con la barca, ma visto che il tempo era poco e la mariposa ai box decidemmo di prediligere un approccio classico, occupando tutto il sottosponda raggiungibile a lancio e facile da pasturare. 

la barca ha i suoi pro e contro

Ingolosito dai salti che si susseguivano, decisi poi di lanciare un innesco in un punto qualsiasi del vasto fondone di fronte a me, riuscendo a pasturare in modo molto preciso con dieci/venti palline intorno all'innesco grazie a marker e cobra.
Risultato finale: tre pesci di discreta taglia a guadino, la prima ingannata da Matteo con le sue granaglie nel sottosponda e due prese ad oltre 9 metri di profondità, entrambe proprio su quella canna lanciata apparentemente "nel vago". 
La settimana successiva, assai più calda della precedente, decidemmo di utilizzare la mariposa per scandagliare e trovare qualche buono spot lungo le sponde più distanti della nostra postazione. I pesci saltavano continuamente ovunque, proprio come una settimana prima e sempre più nelle zone d'acqua profonda. Decisi quindi di azzardare di nuovo, nello stesso identico modo di 7 giorni prima ed il risultato di quella sessione fu illuminante . Tre partenze, tre splendide baffone portate a guadino , tutte sulla canna in profondità, mentre fu silenzio tombale dagli altri 5 segnalatori. 
A colazione come al solito ragionammo sulla sessione e concludemmo che la temperatura dell'acqua, alzata di 2 gradi rispetto alla prima sessione, era forse il principale fattore che spingeva i pesci a cibarsi nelle zone più profonde della cava, ed essendo ormai iniziato il mese di Giugno la tendenza sarebbe stata assolutamente quella per ancora un bel po'. Fu così che decidemmo entrambi di cambiare totalmente strategia! Solo una canna sottosponda, nelle zone più ombreggiate, e due nel fondone di fronte a noi con una pasturazione il più possibile vicina all'innesco. 
Le nostre deduzioni si rivelarono corrette.  In ogni sessione seguente, le partenze furono sempre più numerose ed in pratica quel primo pesce catturato da Matteo durante prima sessione fu anche l'unico preso a basse profondità.

specchi combattiva a guadino per Raffaele

Per questo a posteriori reputo sia stata una grande fortuna quella di aver affrontato la prima volta quelle sponde senza la barca.
Sono convinto che avendola utilizzata fin dal principio, mai avrei sognato di calare una canna in un punto così imprecisato e anonimo della cava, quando avrei potuto facilmente raggiungere sponde selvagge e impervie dove le carpe si sentono più protette e quindi sono meno sospettose. 
Credo però che così come la calura estiva induca a questo tipo di comportamento le carpe di quella cava, i freddi autunnali incidano inversamente! 
Come dicevo inizialmente, ogni spot ha storia a sé! Quanto detto per questo per questa cava può non valere per altre, ed è il caso dello Spot 2, di cui parlerò nel mio prossimo post! 

Una cosa è certa, ogni occasione è buona per aggiungere qualcosa al proprio bagaglio di esperienze e perché no anche per condividerle con chi ha la tua stessa passione! 

martedì 28 luglio 2015

L' importanza dell' ultimo metro



testo e foto di  Gianluca Andreoni


Ormai si è detto tutto del carpfishing. Tutti i segreti sono stati svelati e di novità ce ne sono ben poche. 

Quando mi ha contattato Claudio, chiedendomi di scrivere un articolo per il suo blog, sono rimasto spiazzato e allo stesso tempo lusingato. È passato un pò di tempo dalla mia ultima vera sessione. I motivi sono tanti, ma questo non toglie la mia perenne passione per questa disciplina. Purtroppo è diventato un mondo per farsi vedere, facendo passare in secondo piano i pesci. Perché sono loro i veri protagonisti. È inutile avere l'ultimo modello di rod pod quando non si prende in considerazione quell' ultimo metro dove trovare le nostre "prede". Ho iniziato a fare carpfishing tardi, era il 2008. Prima ero un "garista" di pesca al colpo, ma in realtà pesco da quando ho iniziato a camminare. Ho imparato in questi anni che l'unica cosa che veramente conta è la presentazione dell'esca e dove la si cala. 



Iniziamo dal fondo: i miei terminali si sono ridotti a 3/4 modelli, molto semplici da realizzare. Prediligo prevalentemente inneschi bilanciati e ami al teflon, anche se questi ultimi sono molto delicati perché si spuntato facilmente. Però preferisco cambiarli spesso così da avere sempre il terminale nuovo e performante. La boilles, mais o tiger che sia, la lego all'anello tramite baitflos.



Altro accessorio di fondamentale importanza, di cui non posso più farne a meno, è il vermino. Anche se sempre non è possibile. Adopero termo restringente quando gli ami hanno una misura maggiore di 2, che solitamente uso per pescare in fiume, date le grandi bocche.



Il terminale che uso per fare i miei rig è un inguainato oppure fluorocarbon legato a treccia (combi rig). Quest'ultimo lo uso particolarmente quando pesco a lancio e devo frustare molto fuori. Mi consente, grazie alla rigidità del fluorocarbon, di mantenere la lenza stesa e la totale assenza di ingarbugli. 
Risalendo lungo il terminale, prima del piombo che è rigorosamente a perdere, altro accessorio fondamentale è l'antitagle. 



Ledcore piombato come ultimo, che mi sdraia totalmente la lenza. La lunghezza varia a seconda della distanza: se pesco "sotto i piedi" uso ledcore lunghi, altrimenti nelle lunghe distanze, a lancio, prediligo ledcore più corti così da facilitare il lancio stesso.
Queste piccole accortezze, che non sono niente di trascendentale, mi hanno portato tante soddisfazioni e allamate sempre perfette. Mi rivolgo sopratutto a chi si fosse affacciato ora in questo mondo:

 non è importante l'ultimo metro, è l'unica cosa che conta!

mercoledì 24 giugno 2015

Una notte da "PAURA"

testo e foto di    Diodati Matteo


Siamo in pieno giugno ed è un periodo molto produttivo per noi del team. Dopo varie sessioni di gruppo con i miei inseparabili compagni, mi trovo da solo a partire per una notte “lampo“ infrasettimanale. Si tratta di un mercoledì caldo ma umido e piovoso, infatti le previsioni annunciano forti temporali già dalle prime ore della notte. Non che il meteo invogli a partire per una sessione lampo in solitaria, ma so che ho di fronte una notte super produttiva.
Raggiungo la cava prima di sera e mi metto in pesca rapidamente dato che ho già minuziosamente preparato tutto; i miei inneschi forniti di presentazione ad "omino di neve" sono già in ammollo da alcune ore, e gli "stick" ripieni di una mia personale miscela attrattiva, riempiono un barattolo dove ne ho preparata una bella scorta.
Ormai conosco bene lo spot ed appena armate le canne, lancio e pasturo senza indugi ripetendo fasi identiche alle sessioni precedenti nelle quali ho sempre avuto successo.
Preparo una buona ma leggera cena e dopo una breve lettura e qualche messaggio inviato agli amici, i quali mi danno un "in bocca alla big", a cui rispondo con un "abbocchi", mi corico nel sacco a pelo e cado rapidamente nel mondo dei sogni.

Una bella e memorabile doppietta, ma che fatica in solitaria!

Mi svegliano tuoni e lampi che rapidamente si avvicinano a me sempre di più. Eccoci, questo è il momento in cui, noi tutti, iniziamo a domandarci: ma come ci è venuto in mente di venire a pescare?
Nel giro di pochi minuti, sopra di me si abbatte una tempesta d' acqua spaventosa, tanto da mettere a dura prova la tenuta della mia tenda, la quale si impregna talmente tanto da fare acqua da tutte le parti.
Mi faccio coraggio, non è la prima volta, anzi ormai mi ritengo un veterano degli acquazzoni da quanti ne ho presi. Guardo l' orologio il quale segna appena le 23,30.
Per fortuna la bufera lentamente si allontana e rimane una fitta pioggerella che fa scaturire in me uno stato di attesa, forse guidato da quel senso in più che noi carpisti abbiamo, quello dell' "acqua".

La prima e più bella cattura della sessione...che lotta!

Non passa molto infatti, la sensazione è giusta e me ne accorgo immediatamente;
uno dei segnalatori esplode come impazzito con il suo suono magico; io mi catapulto fuori sotto la pioggia, ferro ed inizio la lotta contro un pesce sicuramente di buona taglia, il quale non vuole saperne assolutamente di farmi avvolgere filo sulla bobina del mulinello. Dalla mia destra si sposta completamente dal lato opposto andando a cercare rifugio dietro ad un grosso tronco; ci riesce dato che anche forzando al massimo le mie 3,5 lb non riesco ad avvicinarlo di un metro a me. Fortunatamente mi sono premunito con uno shock leader dello 0,70 mm il quale sfrega costantemente contro gli ostacoli, catapultandomi profondamente in quello stato di ansia che raggiungiamo quando siamo consapevoli di poter perdere il pesce e ad ogni minimo strattone mi aspetto che la lenza ceda o il pesce si slami.


Mela, una famigerata specchi della cava dalla livrea magnifica; anche lei ha voluto rendere la notte indimenticabile!

La fortuna mi assiste, infatti dopo secondi che sembrano interminabili, la carpa si stacca dagli ostacoli e finalmente la sento cedere, ne approfitto quindi per avvicinarla a me il più possibile e dopo diverse fughe sotto riva riesco a portarla in superficie e ad accendere la mia luce da testa.
Sono attimi di stupore, mi accorgo subito di avere in canna uno dei più grossi esemplari che abitano la cava e mi appresto così a mettere il pesce in sicurezza all' interno del guadino.


Con delle livree così si resta sempre tra sogno e realtà!

Non riesco a fare in tempo dato che un altro segnalatore inizia a suonare all' impazzata e mi ritrovo di botto con un pesce nel guadino e un altro in canna. Sono attimi concitati di duro sforzo ma alla fine porto a guadino anche la seconda carpa che adesso fa compagnia a l' altra.
Fantastico, che bella doppietta!!!


La piccola della coppiola


Appena il tempo della foto di rito e il rilascio, quando l' unica canna rimasta in pesca parte a tutta forza sotto la pioggia incessante; nel giro di 15 minuti mi sono ritrovato con 3 pesci a guadino e le canne che devono essere adesso rilanciate. Incredibile penso, ho beccato la notte perfetta.
Il tempo di rilanciare le canne e la sequenza si ripete, per tutta la notte.




Porto a guadino l' ultimo pesce quando ormai sta facendo giorno. Una notte bagnata e praticamente insonne...ma quante soddisfazioni!!! Una notte così non capita spesso, per lo meno nelle nostre acque...se sappiamo però leggere il meteo tutto è possibile.


Matteo Diodati