mercoledì 24 aprile 2013

Tra le Alghe

testo e foto di    Claudio Baroni

Salve a tutti amici lettori, chi di voi passando a fianco a dei banchi di alghe non ha mai ceduto alla tentazione di calarci una lenza vicino o, perché no, al suo interno?



Ovviamente la scelta di pescare vicino a questo tipo di ambienti risulta spesso fruttuosa, ma andiamo ad analizzarla nel dettaglio: capiremo così quali sono i pregi e i difetti della ricerca di ciprinidi nella vegetazione acquatica.
Dato per scontato che disporremo della barca per calare le nostre lenze (sconsiglio vivamente la pesca tra le alghe a lancio) come buona regola andremo ad osservare quale è lo stato effettivo della vegetazione ovvero, anche toccando con mano, testeremo la conservazione di esse.
In presenza di alghe in stato vegetativo e sane potremo considerare buona la zona di pesca, sempre valutando il fatto che esse rilasceranno buone quantità di ossigeno nel periodo diurno, per andare a rilasciare poi anidride carbonica nel periodo notturno. Da considerarsi quindi ottimi spot durante il giorno e poco produttivi o del tutto negativi durante la notte. Il buon stato di conservazione è indice anche di forte resistenza all’abrasione, cosa che ci obbliga nell’uso di treccia e un metodo di pesca a volte bizzarro.
Potremo trovarci anche di fronte a banchi di alghe in putrefazione, già staccate dal fondo, che ci permetterebbero una buona azione di pesca, ma che allontanano completamente i pesci e porteranno sicuramente a zero le nostre possibilità di successo.
La nostre amate carpe adorano girare tra le alghe alla ricerca di tutti quei microorganismi che le popolano, sicura e consistente fonte di cibo. Osservando con attenzione potremo vedere i banchi di alghe che si spostano al loro passaggio, per non parlare poi delle autentiche “stradine” che creano al loro transito. Tutto questo ci permetterà di intercettare i loro movimenti andando a calare anche all’interno della fitta vegetazione, usando però vari accorgimenti affinché la nostra azione di pesca non venga intralciata dalle verdi piante. 


Vendiamo al sodo; prepariamo il nostro inganno utilizzando, nel caso in cui opteremo per la pesca dentro le alghe, esche prevalentemente galleggianti applicando del foam sull’amo e, come ulteriore sicurezza, inseriamo tutto il terminale all’interno di un capace sacchetto in PVA, contornato da una manciata di palline o granaglie asciutte dall’acqua e andiamo a calare dove più ci aggrada considerando quanto detto prima.
Nel maggiore dei casi la partenza sarà di pochi bip, pronti a saltare in barca non dovremmo nemmeno ferrare ma andremo direttamente sopra il pesce. Seguite la treccia anche con le mani e liberatela dal groviglio di alghe che vi si è formato, questo vi permetterà di ristabilire il contatto con la carpa e portarla poi a guadino.
Tutto questo ritorna a sottolineare quanto importante sia l’osservazione per un carpista. Spendere anche qualche ora girando in lungo e in largo per i laghi darà i suoi frutti, analizzare lo spot toccando anche con mano quello che lo caratterizza, cercare punti sopraelevati e, con l’aiuto del nostro fido binocolo, individuare i movimenti e tutto ciò che tradisce la presenza dei branchi di carpe.


Il periodo dell’anno che stiamo attraversando, ovvero la primavera, favorisce nettamente lo sviluppo della flora in ogni specchio d’acqua dove esse è presente. Spero di esservi stato di aiuto nell’affrontare questo tipo di ambiente, può regalarvi grandi emozioni, non sottovalutatelo e non fatevi mai scoraggiare dalle azioni di pesca complicate, spesso sono la via del successo!

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