sabato 5 ottobre 2024

Alla ricerca della Carpa vergine (parte prima)


 Testo e foto di Matteo Diodati


Quante saranno le carpe mai catturate o rimaste inviolate per molti anni nelle acque italiane?


   Una domanda a cui è difficilissimo rispondere dato che ormai, la pesca alla carpa ha preso piede da oltre 30 anni nella nostra penisola, e se all'inizio i pescatori di questa disciplina erano pochissimi, adesso sono decine e decine di migliaia.

Tuttavia, personalmente rimango ancora inebriato dall'idea che esistano pesci e luoghi ancora "vergini" e spero in futuro di riuscire a portare a guadino esemplari mai visti nelle mani di nessuno. 




Da un paio di anni ho preso di mira una cava di medio-piccole dimensioni che vent'anni fa ospitava qualche pesce interessante di cui non si ha più notizia. Il posto in questione non è facilmente raggiungibile data la posizione impervia ed il fitto bosco circostante, per non parlare dei gelosi contadini pronti a cacciarmi in malo modo nel caso in cui mi trovassero ad attraversare i loro terreni.

Dopo varie uscite a vuoto ho dovuto mollare per il sopraggiungere dell'inverno che avrebbe bloccato la cava, ma sono rimasto fiducioso soprattutto dopo aver sentito il fragoroso salto provocato da un pesce sicuramente di notevoli dimensioni, conferma della presenza di qualcosa ancora all'interno di quello specchio d'acqua.

Sono passati due anni e quel posto che non ho mai dimenticato ma anzi, è sempre rimasto nella mia mente, mi ha attratto a se. Ho fatto un veloce sopralluogo attraversando il bosco come uno spettro alle ultime luci del giorno, alla ricerca di un punto dove posizionare la mie trappole, con non poca difficoltà data la rigogliosa vegetazione. Ho iniziato a lanciare alcune esche facilmente riconoscibili come alimento anche per pesci che forse non vedono roba del genere da tantissimo tempo. Il mio obiettivo è quello di organizzare pescate veloci di tre ore una o due volte a settimana e poi riuscire ad effettuare anche una o due notturne prima che le temperature fermino il pesce.

Arriva il giorno della prima uscita e parto chiaramente con zero pretese, data la poca pasturazione preventiva e il poco tempo a disposizione. Pescherò molto semplice: granaglie per innesco e una Pva Bag ripiena di pastoncino fruttato. 




Dopo un ora dal lancio, incredulo, sento l'avvisatore suonare e ferro. Inizia un combattimento che tutt'ora non riesco a quantificare in termini di tempo perché sembra lunghissimo; scoprirò poi, basandomi su di un messaggio inviato poco prima, che è durato quasi venti minuti. Il pesce è forte e prende filo quanto vuole; si blocca un paio di volte in un ostacolo ma riesco a farlo uscire in entrambe.

Arrivato vicino al guadino fa esplodere più volte l'acqua con tutta la sua maestosa potenza; non lo vedo, ho il riflesso delle ultime luci del giorno che mi impedisce di vedere di cosa si tratta, poi finalmente scorgo una "scaled", caratterizzata da una scaglia grande quasi come il palmo di una mano su di un fianco. Mi tremano le gambe dall'emozione, quell'amozione unica che ancora in pochi posti si può provare.

Finalmente, dopo non poche difficoltà, il pesce è stremato ed entra a guadino. Mando un audio ad un amico che mi sta cercando attraverso il bosco ma ancora non mi ha trovato, finalmente arriva e mi da una mano per le foto di rito (grazie Massi).





Che pesce! Un esclamazione che rimane nella mia mente per diversi giorni successivi a questa breve uscita. 

Ma il gioco è appena iniziato e una rumorosa scodata mi dice che la bella specchi non è sola e non è probabilmente neppure la più grossa.

Fine della prima parte.



mercoledì 11 settembre 2024

Surface Fishing



Testo e foto di Matteo Diodati




Oggi è il giorno successivo ad un molto atteso temporale estivo e l’esperienza mi induce a partire per tre ore di pesca nel tardo pomeriggio. L’aria è palesemente più respirabile rispetto al caldo torrido delle settimane precedenti e sicuramente può accadere qualcosa di interessante.

Dopo aver girovagato nelle mie zone, qualche giorno prima, alla ricerca di piccoli spechi d’acqua sperduti nei boschi, la mia attenzione ricade su di un vecchio laghetto che non frequento da una decina di anni, dove non mi sono mai approcciato alla carpa, soprattutto alle erbivore di cui ho appurato la presenza.





Giunto sul luogo, inizio la camminata sul sentiero verso il lago; con me ho solo occhiali, un binocolo, fionda e pane. Ebbene sì, che pesca di superficie sia!

Delle tre ore disponibili, metà le spendo ad osservare lo specchio d’acqua, pasturare a galla, perlustrare i vari accessi alla sponda, monitorare col binocolo quali pesci si fanno vedere in superficie, finché non vedo ciò che mi interessa.






Corro all’auto a prendere la poca attrezzatura necessaria e la preparo rapidamente. In pochi minuti sono sul pesce e vedo alimentarsi uno degli esemplari che voglio catturare, anzi sono due, non una ma due interessanti erbivore in mezzo ad alcune carpe. Serve un lancio perfetto per selezionare proprio uno di quei due pesci ma purtroppo il primo non va a buon fine; infatti, il mio innesco cade troppo vicino alle due erbivore che si spaventano e fuggono con un’esplosione d’acqua che fa sparire ogni pesce dalla superficie per un buon quarto d’ora.

Pazienza, questo tipo di pesca è tutt’altro che semplice, mi rimbocco le maniche e attendo seduto in mezzo alla vegetazione riparia. La fortuna non mi assiste perché nel frattempo arrivano sul lago madre e figlia intente a raccogliere more selvatiche per farne marmellate che, oltre a schiamazzare proprio nel punto in cui mi trovo, lasciano fare il bagnetto al loro cagnolino. Una bellissima scenetta familiare che comprendo benissimo, per carità, però che sfiga!






Di pesci neppure l’ombra e il mio - già poco - tempo a disposizione sta per terminare ma attendo e faccio bene, perché a riapparire in superficie è proprio una bocca piatta e larga di colore grigio smunto. Sento salire la frequenza cardiaca mentre preparo il lancio, stavolta il pane cade nel punto giusto, né troppo vicino né troppo lontano dal pesce. Posso giurare di non essere riuscito a contare fino a dieci, perché quella bocca improvvisamente fa sparire l’innesco ed è fatta: inizia il tipico combattimento in cui l’erbivora si fa trascinare a riva e poi riparte con le sue sfuriate incredibili che con una otto piedi e un nylon dello 0.25, il tutto in mezzo ad alcuni ostacoli, richiede non poche doti tecniche a gestire la situazione.







Morale della favola: in estate il pesce si muove molto di più negli strati superficiali dei laghi e un approccio che richiede poco tempo può essere molto più produttivo e divertente di lunghe e inutili attese pescando tradizionalmente a fondo, provateci! Più avanti dedicheremo un articolo al carpfishing di superficie. In quanto al tempo che vi serve, 99% osservazione – 1% pesca. Buona fortuna!

venerdì 19 luglio 2024

Carp Master


 Testo e foto di Matteo Diodati


Quante volte siamo tornati da una sessione deludente senza avere ben chiari gli errori commessi, oppure partiti senza aver messo bene a fuoco la situazione?

   Per raggiugere il massimo del successo dobbiamo considerare tutte la variabili possibili che possono caratterizzare un uscita di pesca lunga o corta che sia; voglio perciò riassumere quali siano, a mio avviso, tutti gli step necessari per dare il massimo e lavorare sulle nostre eventuali carenze.


Sottolineo che le percentuali di questo grafico sono puramente generiche e devono essere regolate in base alla situazione di pesca. 


Senso dell'acqua (50%)

   Per senso dell'acqua si intende la capacità di saper leggere un luogo di pesca in modo più o meno veloce.

   Consiglierei sempre un sopralluogo, anche di un posto che conosciamo ma non frequentiamo da tempo. Non deve mancare un occhiale polarizzato che aiuterà uno sguardo attento a cercare ogni minimo segnale che tradisca la presenza del pesce. Se conosco poco lo spot sarà utile anche un ecoscandaglio da lancio o un po' di "plumbing" per avere ulteriori informazioni su profondità, conformazione del fondale, temperatura ecc. Usiamo le tecnologie a nostra disposizione purché si sappiano interpretare i valori dei nostri dispositivi, e ricordate: un eco da lancio non ha la qualità di un eco da barca da duemila euro. L'esperienza accumulata negli anni poi forma quel bagaglio personale che ci porteremo sempre dietro e renderà il senso dell'acqua sempre più fine.

Chi scruta bene lo spot e trova la zona di alimentazione del pesce è già a metà dell'opera!


Esca, pasturazione e innesco
(20%)

   La scelta dell'esca è una cosa che manda in paranoia tanti carpisti!

Ho letto qualsiasi tipo di teoria riguardo al tipo di boilies da utilizzare, nessuna con fondamenti scientifici né test alla mano che possano confermarli. Non è un caso che mi senta più carente proprio sull'argomento "esca", semplicemente perché, per me, non è quasi mai fondamentale come molti credono (alcune eccezioni ci possono assolutamente essere). L'esca ovviamente deve contenere ingredienti sani, essere digeribile, differente a seconda della temperatura, magari farci evitare pesce di disturbo ecc. Deve sostanzialmente essere semplice. L'aroma conquista il pescatore, non il pesce.

Ricordiamo inoltre che non è la sola esca, e ve lo dice uno che negli ultimi anni di pesca usa sempre meno le "magiche" palline, raggiungendo, nel mio piccolo, risultati davvero pregevoli. Il pesce più pesante che ho preso negli ultimi dieci anni è partito sulle Tiger, per dirne una.

L'esca è un argomento importante e sicuramente può incidere a fondo nella nostra sessione. Si parla molto, oggi giorno, di boilies e delle centinaia di ricette ed ingredienti per produrle, ma siamo sicuri che il nostro focus non si stia concentrando troppo sull'esca?



La pasturazione è un altro dettaglio da non sottovalutare: la quantità e qualità di esca gettata fa la differenza! Sta a noi giudicare quanta pastura lanciare in base allo stock di pesce, alla presenza di pesce di disturbo, uccelli, tartarughe ecc. e con quale cadenza giornaliera. La pasturazione può essere preventiva, lo stesso giorno della sessione o addirittura assente, limitandosi ad una Pva bag. In oltre saprete, se leggete blog d'oltre manica, che molti inglesi pescano con innesco libero in luoghi pressati, trovando successo.

L'innesco, con cui intendo anche il rig, è un altro pezzo da novanta per il successo. Ho sempre provato grande frustrazione nel recuperare una lenza e trovare l'hair vuoto; chissà da quante ore non ero più in pesca! Quindi un esca solida, protetta con uno dei vari dispositivi reperibili sul mercato o una fake baits (che funzionano, ve lo garantisco) è fondamentale, come anche il rig: che dovra essere già rodato, anti groviglio, dotato dell'amo giusto per la situazione e sempre acuminato, ma soprattutto deve essere semplice perché la semplicità paga sempre. Una cosa che deve essere assolutamente detta sull'innesco è che "le dimensioni contano": un'altra abitudine che ho imparato negli ultimi anni è che non è l'esca grande a fare il pesce grande ma spesso il contrario. Per me una venti millimetri innescata è già enorme!

Basta con quei rig che richiedono ore di preparazione e una quantità spropositata di accessori intorno all'amo!


Variabili ambientali (15%)

Qui si apre un altro libro: come potremmo pensare di pescare senza basarci sulle variabili ambientali?

Meteo, stagioni, luna e maree, piene, venti, limpidezza dell'acqua, Frega (Pre-Frega / Post-Frega) ecc. hanno un incidenza devastante sull'attività del pesce e capire quali sono i momenti più prolifici per affrontare certi luoghi di pesca è fondamentale. Chiaro che anche qui, gli anni di pesca sulla schiena aiutano e ci indirizzano tra le varie stagioni a preferire una diga rispetto ad un canale o un fiume rispetto ad una cava. 


Approccio mentale (10%)

Altro campo importante: andate a pesca per rilassarvi o per catturare? Preparate bene le vostre uscite?

Ecco alcuni punti chiave che fanno parte della mia filosofia di pesca:

  • Organizzazione del tempo e dell'attrezzatura;
  • Pianificazione uscite e pasturazione;
  • Raccolta ed elaborazione dei dati;
  • Duttilità (capacità di adattarsi) nella sessione di pesca;
  • Costanza e determinazione.
Avere sempre l'attrezzatura pronta, magari carica in auto per quelle due ore dopo lavoro, gli inneschi pronti, le Pva bag pronte ecc. come la pianificazione di uscite ed eventuali pasturazioni da incastrare tra lavoro e famiglia; quante volte ho sentito altri dire: non ho tempo!
Non conosco poi nessuno oltre il sottoscritto che tenga nota in un quaderno, diario o quel che voglia, dei dati di pesca. Ciò è fondamentale per replicare ottime sessioni nel corso degli anni: non potrei avere successo se non mi fossi elencato ad esempio le temperature dell'acqua di una determinata cava, con che esca ho catturato rispetto ad altre, che rig mi ha reso maggiormente ecc. ecc.
Il sapersi adattare a pesca poi ti dà una marcia in più: modificare un approccio rapidamente, cambiare esca, spostarsi smontando velocemente l'attrezzatura ecc. e questo si lega con la costanza e la determinazione che si ha o meno. 

Quanti pescatori ho visto accampati giorni ad attendere "il nulla" mentre io esploravo il lago a piedi, trovavo il pesce e lo catturavo nel giro di due ore!



Attrezzatura e corretto utilizzo (4%)

Canna, mulinello, monofilo, nodi, il lancio, il combattimento, la lettura dell'ecoscandaglio, la pasturazione precisa ecc. ecc. sono tutte componenti che hanno la loro importanza. Inutile però avere materiale top di gamma se non sappiamo sfruttarlo per la carenza delle nostre doti tecniche o per luoghi dove tale qualità non è richiesta. Per questo ho voluto associare una piccola percentuale all'attrezzatura dato che non è quasi mai la sua estrema qualità che ci fa catturare il pesce dei nostri sogni; magari lo è invece un nodo ben fatto, la gestione di un difficile combattimento la quale può essere appresa solo dopo centinaia o migliaia di catture; la precisione e distanza nel lancio (ma tanto c'è il barchino); la precisione con cobra o fionda (ma tanto c'è il barchino ancora).

L'abuso della troppa tecnologia non ci permette di imparare realmente!


Variabili non prevedibili (1%)

Vorremmo avere tutto sotto controllo, programmiamo tutto alla perfezione e poi a pesca succede qualcosa che non avevamo previsto. Arriva un altro pescatore improvvisato, lancia a caso con le boilies più economiche su mercato e vi fa il pesce della vita sotto il naso. Il bello della pesca è anche questo, almeno una piccolissima percentuale resta al caso e spesso si tratta di quel famoso fattore "C".




Alla prossima!!!




venerdì 26 gennaio 2024

La fiamma che vive in noi


 Testo e foto: Matteo Diodati


    Finalmente è caduta tantissima pioggia tanto da innalzare il livello delle piccole cave di parecchi centimetri in pochi giorni; un momento che attendevo da molti mesi per poter far visita ad un vecchio lago dove non bazzico da almeno una decade. Sono tanti i ricordi che affollano la mia mente a riguardo di quel posto ed ho voglia di un tuffo nel passato ma anche di testare il presente.

Dopo un po' di anni, morie di pesce, furti da parte dei soliti bracconieri ma anche da parte di carpisti, dato che le foto parlano chiaro e come sappiamo le carpe ancora non hanno imparato a volare, decido di preparare una notte veloce, anzi velocissima dato che arrivo prima di cena e riparto la mattina seguente.

Il giusto bivacco per le notti "mordi e fuggi"

Tutto deve essere perfetto nei minimi dettaglia date le poche ore a disposizione e la relativa difficoltà del posto. Mi reco un paio di giorni prima sul luogo per scandagliare, soprattutto per trovare un punto pulito tra le alghe, e pasturare con esche che evitino le noie dei siluri: opto per mais e Tiger, la semplicità che paga sempre.

Prima di recarmi a pesca, passo da un amico che mi presta uno strumento tanto criticato quanto indispensabile in certe situazioni. Devo ammettere che stavolta non ho scelta, per la prima volta in vita mia uso il barchino, dato che lanciare dove voglio è impossibile e calare con la barca spaventerebbe il pesce a causa della poca profondità delle acque in quel punto.

Quando non esistono postazioni bisogna adattarsi

La soluzione risulta vincente perché non devo neppure attendere di andare a dormire per ricevere la prima partenza. Peccato che, un altro amico passato a trovarmi, se ne è appena andato e si perde l’emozione. Cuore in gola e tiro alla fune, il pesce per un attimo si blocca in un ostacolo ma poi esce e lentamente si fa trascinare verso il guadino. Bingo!!!

Sono passati dieci anni ma sono bastate poche ore per tornare a far centro in quel posto; è un bel pesce, mi ritengo fortunato e sono felice che ci sia ancora vita in quel luogo.

Durante la notte arriva anche un altro pesce, piccolo ma che fa ben sperare per il futuro di quella piccola cava. Tornerà forse un giorno allo splendore di una volta? Tutto sta a noi pescatori, che dovremmo considerarci gli ultimi guardiani di un tesoro sempre più minacciato. Teniamo viva la fiamma!

giovedì 26 ottobre 2023

Caldo torrido

 Testo e foto di Matteo Diodati


L’estate è divenuta ormai estremamente calda. Quest’anno sono state registrate temperature record ovunque e andare a pescare è diventata una prova di sopravvivenza. Tuttavia, un malato di pesca come me non è riuscito a mollare: ho sistemato una vecchia postazione a due minuti da casa, sul mio fiume, totalmente all’ombra della folta vegetazione, ed ho optato per brevi sessioni.


Una basta e avanza
Qui una basta e avanza


 La temperatura registrata è stata di oltre trenta gradi anche nelle tarde ore del pomeriggio, dentro a quella specie di bunker vegetale, pazzesco! Tuttavia, nel momento del crollo termico, il pesce si è mosso e concesso.


Al totale riparo dal sole


Mi sono avvalso di una pasturazione preventiva il giorno prima delle uscite, durate in media appena tre ore, con ottime ready made, ma soprattutto ho portato con me una bella scorta di acqua e frutta fresca per sopravvivere a quella calura.


Un tetto naturale


Non ho avuto grandi pretese in quanto al peso delle catture, sapendo che qui un pesce di dieci chili è già un record; ho voluto ricercare pesci dalla livrea interessante e proprio nell’ultima di queste brevi uscite è arrivata una bella scaled, una vecchia conoscenza che negli anni si è spostata scendendo l’alveo del fiume da zone più torrentizie fino a questa lunga piana dove pare essersi stanziata e dove magari riuscirà anche a crescere raggiungendo un peso più elevato.




Combattimenti estremi anche a causa di alcuni ostacoli in acqua; l’approccio di pesca è stato un “marginal” proprio per il rischio di incagliare pesci negli alberi sommersi. Che dire, mi sono divertito, in un luogo dove la pace ed il relax la fanno da padroni e dove nessun’altro ha mai messo piede data la difficoltà nel raggiungerlo e trovarlo.


Un piccolo treno fluviale

Una divoratrice di vongole

Snelle in corrente

Una vecchia conoscenza


venerdì 25 agosto 2023

Il giardino segreto

Testo e foto di Matteo Diodati


Attraverso incantato la radura che porta al lago; alcuni conigli selvatici fanno capolino, poi fuggono nei loro sentieri al di sotto dei rovi. Odore di pollini, è primavera!



Molti uccelli: due coppie di poiane volteggiano, un airone si è posato su di un tronco in acqua e attende la sua preda; il martin pescatore cattura gambusie e se le gusta da sopra un ramo. Pure la ghiandaia, uccello tra i più timidi, abituale del fitto bosco, si affaccia sullo specchio d’acqua. Di sicuro questo luogo è in pace; non ci sono tracce del “nemico” umano; la natura qui la fa ancora da padrona e pure i pesci si fanno vivi con salti e bollate.


Raggiungo la riva e preparo rapidamente i “ferri” del mestiere. Fra poco farà notte; sono uscito di corsa da scuola, ancora stordito dalle urla dai bambini a cui insegno educazione fisica. Niente di meglio di tre ore di pace assoluta.

Il fondale è molle e poco compatto tranne in un punto; nelle uscite successive questo produrrà quasi tutte le mie catture.



Va giù il sole ed io indosso cappello e cappotto. Apro il termos e mi verso un po’ di tisana calda. Che silenzio! Da molto non passavo qualche ora in un posto così. Solo a tratti riesco a udire l’autostrada, stupendomi perché è davvero lontana da li.

È quasi completamente buio, il freddo si fa sentire: è un marzo fresco ma l’acqua è già ad una temperatura discreta. Ho letto che esporsi al freddo ha effetti positivi sul nostro organismo, e lo riconosco. Il caldo invece non lo sopporto.



Sento un fruscio. Il sole è tramontato da un pezzo ma ancora c’è un filo di luce. Un grosso capriolo è dietro di me. Si sta avvicinando per abbeverarsi allo specchio d’acqua, poi però mi nota e fugge spaventato emettendo il suo caratteristico “abbaiare”. Che emozione!

***

Non dimenticherò mai il primo giorno su quel piccolo specchio d’acqua; ci sono tornato più volte ed ho rinnovato la consapevolezza che ogni ambiente, anche il più piccolo, può avere molto da insegnare. Le catture, infatti, sono state sudate e solo dopo un po' di test e di studio si sono concesse.



Ora mi trovo al riparo dietro alcuni rovi e posso scorgere la volpe sulla riva opposta che effettua il suo giretto quotidiano all’imbrunire. Nel frattempo, la minutaglia mi fa impazzire con continue toccate all’innesco. Gli alberi iniziano a sfoggiare le loro foglioline mente il vento fresco le accarezza.

Una mattina inizio a scorgere delle mangiate a galla ed è così che inizio a cimentarmi nella pesca di superficie con pane ed altre esche galleggianti. Nulla di più divertente. Non lo avrei mai detto in un lago naturale, ma inizio a prendere più in questo modo che nella classica pesca a fondo.



Carpe regine e anche qualche bella specchio si fanno portare a guadino ma solo dopo discreti combattimenti (uso una 9 piedi con lenza madre dello 0,25).

Che dire, posto super selvaggio, pesci combattivi e dalle livree niente male, in un ambiente che conoscevo da vent’anni ma avevo snobbato mirando a mete più blasonate e ricche di pesci grossi.

Perché partire per mete lontane, quando nemmeno conosciamo gli angoli più segreti del nostro giardino?















venerdì 3 giugno 2022

Urban Zone

 Testo e foto di Matteo Diodati


Il tempo stringe sempre più, ne ho pochissimo a mia disposizione ma la voglia di non mollare mi porta ad adattarmi. Uso strategie differenti in spot dove posso trovare rapidamente il pesce. 



La pesca a vista è una delle più emozionanti e non la definirei un ripiego, se potessi la farei per ore e giorni. Questo tipo di pesca mi ha cresciuto sotto il profilo tecnico e conoscitivo per quanto riguarda ambienti e pesce. 


Certi comportamenti e certe basi tecniche si affinano soltanto vedendo aspirare l’innesco da parte del pesce, per non parlare di quanto sia emozionante avvicinarcisi in totale discrezione e cercare di ingannarlo proprio di fronte a noi.


Ho optato per le zone urbane della mia città, con precisione un piccolo canale ricco di pesce dove la taglia non è alta e non ospita di certo delle “big”, ma se hai la possibilità di pescare a vista puoi anche provare a sceglierti il pesce che vuoi catturare.


Attrezzatura light, lenza fine, un pellet come innesco e via con lanci precisi sulle traiettorie dei pesci che si alimentano sul fondale. È una pesca di ricerca, somiglia allo spinning, o ti piace o non ti piace, fatto sta che io nasco come "spinner" e mi riporta indietro nel tempo, quando prima delle carpe, papà mi portava a cavedani e trote in fiume.



Morale della favola? In due uscite brevissime ho portato a guadino alcuni belli esemplari nel giro di pochi minuti. Combattimenti avvincenti e belle passeggiate su spot insoliti. Da ripetere sicuramente, anche perché le più grosse non si sono ancora concesse.